OGGETTO
Statuina pubblicitaria in maiolica invetriata rossa con basamento nero e scritta a rilievo bianca REDMAN.
Altezza: 20cm
Epoca 1960 circa
Redman era un’azienda concessionaria per i tessuti del Lanificio Cerruti 1881
Restauro estetico Pitociu Castellamonte
OGGETTO
Pitociu, statua in terracotta smaltata raffigurante omino gobbo con cappello e pipa.
Altezza: 60 cm
Provenienza dalle fornaci di Castellamonte, seconda decade del 1800.
Pitociu: statua caricaturale.
“Questa produzione è stata realizzata solo a Castellamonte per la felice intuizione di artisti che al di là dell’inventiva avevano anche una buona dose di fantasia e di spirito critico. Infatti queste statue nascono inizialmente come un accessorio tecnico alla realizzazione dei comignoli: si trattava di collocare sopra al piano del comignolo un oggetto pesante che impedisse al vento forte delle nostre vallate di scalzarlo e scaraventarlo a terra. Sino alla terza decade dell’800 si usavano per questa necessità tecnica degli oggetti a forma di pigna, palla o fiamma di peso oscillante tra i 45 e gli 80Kg/cad. a seconda dell’ampiezza del piano del comignolo, tutti rigorosamente in terracotta.
Nel 1830 uno dei nostri artisti-artigiani stufo di creare i soliti oggetti pensò a fare una sorpresa al suo amico, maestro di scuola G. Ciafrei, e lo riprodusse in scala mutandolo in uno gnomo con fattezze somigliantissime. La sorpresa fu tanta che molti cittadini castellamontesi si fecero ritrarre creando una galleria di personaggi realmente esistiti con nome e cognome e tutti originali in pezzo unico realizzati preso la fabbrica di G. Buscaglione – Allaira.
Questi oggetti sono chiamati dai castellamontesi “Pitociu”.
Catalogo “La statuaria” Casa Museo Famiglia Allaira
Mostra della Ceramica di Castellamonte
Leggi tutto “Restauro estetico Pitociu Castellamonte”Restauro estetico piatto Vedova Besio e Figlio
OGGETTO
Piatto in maiolica Vedova Besio e Figlio con decorazione floreale policroma nel cavetto e decorazione blu a stampini sulla falda.
Diametro: 20cm
Epoca: metà 1800
Manifattura Vedova Besio e Figlio, Mondovì.
“Giuseppe Besio affittò nel 1841 un setificio dismesso in Piandellavalle, lungo la Via delle Concerie, e lo trasformò in fabbrica di terraglia. Ne fu sfrattato nel 1850 dal proprietario Magliano, che iniziò lui stesso la produzione, per poi affittare la fabbrica nel 1859 alla società Montefameglio & Luscaris. Dopo una lunga vertenza giudiziaria, nel 1867 Giuseppe Besio ottenne l’aggiudicazione degli stabili. Alla sua morte (1884) la fabbrica fu ereditata dalla seconda moglie Anna Massimino e gestita come “Vedova Besio & Figlio”. Travolta dalla crisi del 1929, l’azienda fu acquistata da una società presieduta del banchiere monregalese Moisé Ettore Levi, che ne affidò la direzione al figlio, Marco Levi. Questi la condusse fino alla chiusura, nel 1979.” ( Da Museo delle Ceramiche di Mondovì)
Informazioni sui marchi su Archivio della Ceramica
Il sito della manifattura attuale, Besio
Restauro estetico di Guerriero di Xian, artista Liu Fenghua
OGGETTO
Statua in terracotta raffigurante un guerriero di Xian del famoso “Esercito di terracotta”, dipinta con colori acrili con la rappresentazione della celebre opera di Andy Warhol “Marylin Monroe”
Altezza: 105cm Artista Liu Fenghua, nato nel 1956 in Cina.
Rappresentazioni artistiche del guerriero di Xian di Liu Fenghua
L’esercito di terracotta dei guerrieri di Xian
Restauro conservativo tulipaniera Savona
OGGETTO
Tulipaniera, vaso da fiori in maiolica composto da tre corpi globulari distinti sovrapposti ,di dimensioni decrescenti dal basso all’alto. Ogni corpo globulare presenta dei fori. Decorazione bianca e blu con soggetti paesaggistici e figure.
Altezza: 60 cm diametro base:16 cm
Manifattura: Savona, marchio Gallo nella base in bruno manganese.
Epoca : metà 1800, rifacimento di maiolica settecentesca.
Sito del MUSE, Museo della Ceramica di Savona
Dalla prefazione di “Storia dell’arte della cartapesta” di Ezio Flammia
La cartapesta è un’arte polimaterica d’origine antichissima. I Greci, già nel secolo IV a.C., utilizzano la fibra di lino, una delle sostanze con cui si fabbrica la carta, per realizzare, unitamente allo stucco ed al colore, le maschere comiche della Commedia fliacica e le maschere cultuali da appendere ai rami degli alberi nei boschi sacri.
L’invenzione del composto per produrre la carta è merito dei cinesi ed è loro anche l’idea di utilizzarlo, dopo averlo amalgamato con pochi materiali di carica, per la produzione di oggetti utili alla casa come scodelle, cofanetti ed altro e in seguito, per creare opere d’arte.
La cartapesta si ricava principalmente con due procedimenti fondamentali: utilizzando un conglomerato a base di pasta di carta, oppure incollando fogli di carta uno sull’altro, con sistemi operativi che si sono evoluti nel tempo.
Nei due procedimenti, da sempre, si utilizza moltissimo materiale cartaceo di recupero ed è perciò che la cartapesta è un’opportunità ideale per il riciclo della carta.
Gli oggetti che si conoscono, appartenenti ad epoche, ad aree geografiche e ad ambiti diversi, consentono di apprezzare le grandi qualità della cartapesta ed è soprattutto la sua duttilità materica che affascina, nel corso della storia, personalità del mondo dell’arte, dell’artigianato e dell’industria. La letteratura d’arte del passato spregia la cartapesta ritenendola ‘materia vile’, poiché è ottenuta dalla frantumazione di umili stracci e, perciò, non è nel novero delle materie tradizionalmente ritenute proprie della scultura. Le cronache d’arte raramente registrano gli avvenimenti e le vicende degli artisti nel loro esercizio di cartapestai.
Vasari, nelle Vite, fornisce notizie di qualche interesse, quando descrive le sperimentazioni di alcuni artisti, eseguite con materiali poveri, simili alla tecnica della carta pesta, termine da lui usato nella “Vita di Domenico Beccafumi”.
Dalle descrizioni vasariane, si conosce che la cartapesta, in Italia, prende avvio a Siena dopo le esperienze manipolative di Jacopo della Quercia, quando sul finire del secolo XIV costruisce il monumento funebre del capitano di ventura Giovanni d’Azzo Ubaldini, su ordine del Comune senese. L’artista, incalzato dalla necessità di eseguire in poco tempo la scultura commemorativa monumentale, modella, su uno scheletro di legno, cordami e altro, un composto di terra e cimatura (scarti della lavorazione delle stoffe). Questa novità tecnica di Jacopo, consente di ottenere risultati sorprendenti e prelude al conglomerato di carta pista degli anni successivi. Le opere superstiti di cornici, di fregi architettonici in area senese, tra i secoli XV e XVI e le notizie riguardanti gli apparati di festa come il monumento semovente di Beccafumi in onore di Carlo V, confermano l’origine di una tecnica povera, nata a Siena, nel Rinascimento. La cartapesta, eseguita con fogli di carta incollati e sovrapposti, è nello stesso tempo utilizzata da Donatello a Firenze che la diffonde nel Veneto, poi per la ‘propaggine padovana’ si espande in Umbria e nelle Marche, infine nel resto dell’Italia.
L’esperienza di Beccafumi favorisce in futuro, sia le applicazioni della cartapesta per gli apparati effimeri di Gian Lorenzo Bernini, di Alessandro Algardi e di altri artisti del periodo barocco e sia le realizzazioni delle scenografie teatrali e degli addobbi nelle chiese.
Non si sa quanto siano debitori a Jacopo Della Quercia artisti come Donatello, Antonio Rossellino, Benedetto da Maiano, quando utilizzano la cartapesta per la produzione di copie da loro prototipi in materiali ritenuti nobili, ma è Jacopo Sansovino che, riprendendo la sperimentazione del grande senese la perfezionerà sulla base delle sue esigenze estetiche, raggiungendo risultati d’altissimo valore. La cartapesta, all’epoca di Sansovino ha un’alta considerazione tra gli aristocratici e tra il ceto emergente borghese ed è utilizzata indistintamente, nelle versioni, sia con i fogli incollati e sovrapposti e sia con il pesto di carta. Gli artisti fanno uso della cartapesta anche per le opere devozionali per soddisfare i bisogni degli umili che esprimono sentimenti di pietà e di venerazione.
Quasi tutti gli artisti citati ed altri, in epoche successive, producono sculture e bassorilievi di cartapesta per il culto pubblico nelle chiese e per quello privato nelle case. Alcune di queste opere, che hanno la fortuna di salvarsi, sebbene siano collocate nei musei, risultano poco note al pubblico.
Le pubblicazioni prodotte, negli ultimi anni, in occasione di mostre delle opere restaurate, unitamente alla divulgazione delle sculture di cartapesta a carattere devozionale dei cartapistari di Lecce, contribuiscono a far conoscere l’aspetto tecnico/linguistico ed il percorso dell’arte della cartapesta nel tempo.
Sono, purtroppo, ancora poco analizzate le cartapeste delle botteghe emiliane e campane, come quelle dei Piò a Bologna, dei Punziano a Napoli, tasselli importanti per comprendere la diffusione della tecnica nelle regioni del Centro Sud. La cartapesta del Settecento e dell’Ottocento primeggia tra le varie forme d’arte applicata e questo è il suo periodo più rigoglioso. Essa compete con le cineserie e adegua la moda orientale alla cultura dell’Occidente e per la duttilità materica e per le infinite possibilità d’applicazione, è definita ‘la tecnica universale’. Si producono suppellettili, bambole, cavalli a dondolo e qualsiasi altro giocattolo ma è nelle opere di grande impegno esecutivo che la materia cartacea è impiegata con successo, come nei soffitti, nelle decorazioni dorate, nelle scenografie teatrali e negli apparati effimeri. Nell’Europa dell’Ottocento c’è un impiego della cartapesta per realizzare mobili, tazzine da caffè, bottoni, decorazioni architettoniche, giocattoli, casse d’orologi, separé, divisori di cabine di navi e tramezzi d’appartamenti. Si hanno notizie persino dell’edificazione d’alcune abitazioni in Australia e di una chiesa a Bergen (Norvegia) che rimase integra per circa trentasette anni.
Nel Novecento, sino al secondo dopoguerra, si fa un largo uso della cartapesta per l’artigianato, per l’industria e pure per diversi allestimenti cinematografici e teatrali. Alcuni elementi scenici per la televisione dei primi anni si realizzano in cartapesta, che è considerata la materia ideale per gli allestimenti spettacolari. In seguito, l’introduzione dei nuovi materiali plastici nella produzione seriale dei giocattoli, negli allestimenti scenici e nelle realizzazioni di varie suppellettili, avvia il lento ma inarrestabile declino della cartapesta. Essa anche dove un tempo era fiorente scompare quasi del tutto e solo in pochi centri si attesta a baluardo delle secolari tradizioni. In questi centri la cartapesta si pratica, ancora oggi, con antiche e nuove metodologie, per costruire i Ceri delle festività religiose, per allestire i Carri allegorici dei Carnevali e per realizzare le Statue devozionali delle chiese.
Questo studio traccia il percorso della tecnica dalle origini sino ai nostri giorni e, lungo l’itinerario, analizza le opere e i metodi esecutivi di alcuni artisti. La presente indagine, fondata in modo non secondario sulle esperienze dirette di chi scrive, accumulate nel corso della propria attività di scenografo – scenotecnico, di costruttore di maschere, di didatta della cartapesta e di restauratore di opere museali, è anche una guida all’analisi del processo creativo degli artisti studiati, delle fasi del loro lavoro, delle finalità e del rapporto che hanno con il pubblico. Nell’analizzare la connessione tra artisti e committenza può capitare di scoprire qualche vicenda intrigante e curiosa come per esempio quella delle statue sacre fatte eseguire con un pesto ottenuto dalla macerazione delle carte da gioco, a seguito di rinati movimenti penitenziali.
In genere l’arte della cartapesta è conosciuta dal grande pubblico per il rapporto che ha con il Carnevale, ma è ignorata del tutto per quanto riguarda la sfera dell’arte.
È ancora perdurante il convincimento che la povertà della materia produca un’aridità artistica, sebbene le esperienze contemporanee elevino qualsiasi materiale a forme d’arte: uno dei movimenti recenti si denomina proprio Arte Povera e ancor prima, gli artisti informali, a cominciare da Burri, si esprimono soltanto con la materia che diviene il punto d’appoggio delle loro attività creative. Questo pregiudizio, invalso nell’opinione pubblica, profondamente radicato nella coscienza critica di ognuno, scoraggia l’avvio al collezionismo di oggetti di cartapesta e demoralizza persino giovani studiosi ad intraprendere ricerche sistematiche sulla storia e sulle metodiche di questa tecnica.
La consapevolezza e il timore che una misconosciuta, ma molto significativa forma d’arte, possa disperdersi ulteriormente, motivano chi scrive a sistemare piccole e grandi ‘tessere’ d’informazione per iniziare a comporre un mosaico dove sono considerati gli artisti, le opere e le vicende di una delle attività umane più affascinanti.
Lo studio ha inizio dall’esposizione dei primi tentativi di produzione della cartapesta, rapportata allo stucco da cui si evolve, per poi analizzare le opere, tracciando il percorso della storia dell’arte della cartapesta dalle esperienze delle botteghe toscane sino all’arte moderna.
Alcune opere analizzate di collezioni private sono inedite.”
Ezio Flammia
Restauro cornice in legno con parti in cartapesta
STORIA
(Tratto dalla prefazione di “Storia dell’arte della cartapesta” di Ezio Flammia)
La cartapesta è un’arte polimaterica d’origine antichissima. I Greci, già nel secolo IV a.C., utilizzano la fibra di lino, una delle sostanze con cui si fabbrica la carta, per realizzare, unitamente allo stucco ed al colore, le maschere comiche della Commedia fliacica e le maschere cultuali da appendere ai rami degli alberi nei boschi sacri.
L’invenzione del composto per produrre la carta è merito dei cinesi ed è loro anche l’idea di utilizzarlo, dopo averlo amalgamato con pochi materiali di carica, per la produzione di oggetti utili alla casa come scodelle, cofanetti ed altro e in seguito, per creare opere d’arte. (leggi tutto l’articolo).
Leggi tutto “Restauro cornice in legno con parti in cartapesta”Restauro estetico Acquasantiera in maiolica
OGGETTO
Acquasantiera in maiolica con semplici decorazioni in azzurro e arancione.
H:18cm, Largh:8cm
Epoca: metà XVIII sec, provenienza biellese.
L’acquasantiera è un recipiente di forme e materiali diversi (ceramica, marmo, pietra, argento, ottone, avorio) destinato a contenere acqua benedetta. L’uso di un vaso in cui conservare l’acqua santa venne reso obbligatorio da Papa Leone IV (IX secolo), ma i primi esemplari di acquasantiera risalgono al X secolo.
Nel corso del Medioevo, l’acquasantiera diventò un accessorio fisso della chiesa, o come elemento architettonico a sé stante, o come vasca sporgente da un pilastro o dalla parete stessa. A partire dal XIII sec. assunse caratteri di sempre maggiore ricchezza e monumentalità che raggiunsero il culmine, col Barocco, nelle famose acquasantiere di G. L. Bernini in San Pietro.
Oggetto devozionale, si trova fino alla metà del 1900 in tutte le case.
A Pettinengo (BI) c’è il MUSA – Museo della sacralità dell’acqua e degli acquasantini” in cui è esposta la collezione di oltre 850 acquasantini appartenuta a Sergio Trivero e donata al DocBi dal canonico Angelo Stefano Bessone.
Edito da DocBi, Centro Studi Biellesi “Centoquarantaquattromila segnati. Una collezione di acquasantini”.
Leggi tutto “Restauro estetico Acquasantiera in maiolica”Restauro conservativo di vaso Gualdo Tadino a lustro
OGGETTO
Grande vaso con coperchio in maiolica dipinta con soggetto naturalistico
H:90cm, diam:35cm
Firma: “Gualdo Tadino F. Rubboli”
“Gualdo Tadino F. Rubboli” nasce intorno al 1870 a Gualdo Tadino, ad opera del ceramista pesarese Paolo Rubboli (1838-1890): una manifattura per la produzione di stoviglierie e piatti da parata decorati a lustro.
Nel corso degli anni, la realizzazione di tradizionali ceramiche gualdesi a riflessi metallici ottiene un grande successo e le ceramiche realizzate dai Rubboli sono vendute in Italia ed esportate in tutto il mondo.
Nel 1920 la manifattura cambia la ragione sociale in “Società Ceramica Umbra”
Nel 1931 la “S.C.U.” viene sciolta e Lorenzo ed Alberto fondano la “Maiolica a Riflessi Lorenzo ed Alberto Rubboli”.
La manifattura è tutt’oggi attiva, con la denominazione “Eredi Rubboli”, sotto la gestione delle figlie di Edda, Emanuela e Cristina Baldassini e della figlia di Laura, Cinzia Monsignori.
FONTI
Archivio ceramica
Rubboli Arte
Leggi tutto “Restauro conservativo di vaso Gualdo Tadino a lustro”